Il riparo dalla battaglia (Per Ottavia!)

Il riparo dalla battaglia (Per Ottavia!)

Liberamente ispirato a "Il ramo d'oro" di J. Frazer

"È perché canta sempre la stessa canzone che l'usignolo è così ammirato?" Così il padre dei molti figli prese un volatile e lo resse per le zampe sul capo della donna, esclamando:" Oh, Upulero, serviti del volatile. Lascia cadere un bambino, ti imploro, lascia cadere un bambino, che scenda nelle mie mani e nel mio grembo. E’ arrivato il bambino? Sì, sta già poppando!"

Ecco il rituale, ecco la profezia che si avvera, e da queste lande amene nascerà il nostro Salvatore! Abbiamo sacrificato un altro uccello, abbiamo rinunciato al nostro sogno. Ora cerca l'adulto nel bambino, allo stesso tempo nel bambino rivedi l'adulto che si sacrifica, gioendo della vittoriosa e necessaria sconfitta. Abbiamo appeso nelle nostre case mascelle di cervi e maiali selvatici, così che lo spirito, che anima quelle ossa, richiami le creature viventi della stessa specie sulla pista del grande cacciatore.

Mio nonno raccontava sempre che quando un pescatore mette in acqua una trappola per i pesci, cerca un albero, i cui frutti siano stati beccati molto dagli uccelli. Da quest'albero taglia un robusto ramo che gli servirà come sostegno per la sua trappola. In questo modo, come l'albero ha attirato gli uccelli, così il suo ramo attirerà i pesci. E' una specie di magia, ma un popolo, quando affida il suo futuro al proprio esercito, significa che le ha già tentate tutte, perciò l'unica cosa che resta da fare è confidare nelle arti mistiche, nel mondo astrale e nella magia simpatica.

E il saggio dice: Nascondi una spada dietro un sorriso e avrai buone possibilità di vittoria. Qui non ci resta altro da fare che combattere, fino all'ultimo uomo, fino all'ultimo respiro. Diffida dal fratello perduto e da colui che viene incontro col suo miglior sorriso: questo non è il momento della speranza, questo non è il momento d'esser rallegri. Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce. Gioiscono davanti a te, come si gioisce quando si miete, e come si gioisce quando si spartisce la preda. Vedi però qui qualche preda, escludendo noi stessi? Ogni calzatura di soldato nella mischia, e ogni mantello macchiato di sangue sarà bruciato, sarà esca pel fuoco, ora. Ogni battaglia è vinta prima che sia combattuta, è vero, ma solo per chi sta dalla parte del giusto, dalla parte del vincitore. Non ci sono premi di consolazione in vita, così come in morte, non c'è rifugio né riparo, in questa battaglia. Ho attraversato una città di pietra. Ho visto una nazione, raccolta nel vento del cambiamento. Non mi è piaciuto, ciò che i miei fratelli sono diventati: perciò son ora il Rinnegato.

Un fuggiasco senza dimora, perso nella tristezza, di una Gloria ormai passata. Nella tormenta, ora la battaglia infuria: mi è sembrato di vedere, tra il fumo e la terra che si sollevava, una volpe infuocata. Ero bruciato dalla stanchezza? Oh, sì! Sepolto dalla grandinata, e ancora avvelenato nei rovi, stremato sul sentiero. Cacciato come un coccodrillo? Devastato nel grano, mentre volavano coltelli nell'aguzzo indaco ciel. E silenzioso, come un inverno che non vuol cedere spazio al calore. Vidi migliaia di persone in grado di vincere l'oscurità. E ricorderò quel gelido vento, che gridava nei tuoi occhi cobalto. La bellezza cammina sul filo del rasoio, e un giorno la farò mia. Mi cercherai, ritrovandomi nella desolazione della tua mente. Questa notte la luce non ha lasciato nessun ricordo sulla pelle. Desolazione e solitudine, attorno ancora rumore, inespressi desideri. C’è stato un giorno, nel nostro sogno, in cui potevamo scrutare, come una chimera distante, qualcosa di oscuro e serrato. Abbiamo raccolto tutto alla bell'e meglio per andare avanti e procedere nella spedizione. E poi abbiamo gettato la chiave, scordato la combinazione: troppo prezioso il carico del viaggio per controllare. Non c'era più tempo per riflettere, né per tornare indietro!

Fiducia: era tutto vincolato a una fede cieca. Non andare dove il sentiero ti può portare; va’ invece ove il sentiero non v'è ancora, e lascia dietro di te una traccia. E lascia che vi sia Gloria sulla tua vestigia. Il sangue ribolle, dentro le mie vene stanche, non c’è un domani, per sviscerare tutto questo sentire. Non c’è dolore, che questa ruggente notte possa contenere. Soltanto tu, sei la muta testimone di questo pensiero, di questo sogno evanescente di libertà.

Il mondo è quello che deve essere, oggi più che mai. Abbiamo provato a vivere, dentro i nostri abiti da sera, dentro i nostri micro-processori, così fedeli, così attenti a mostrarci solo cose vere, di un mondo e di un pensiero, che non siamo ancora capaci di leggere, nella sua interezza. Il disegno ci sfugge, forse perché il disegno (ancora) non esiste. Abbiamo aperto una bottiglia, pensando che contenesse colore e sostanza, ma dentro c’era un mondo arcaico, di violenza e di furioso rancore, pronto a distruggerci, a cancellarci.

Il sole arriva ogni mattina ma non raggiunge il rifugio dove ci siamo nascosti. La caverna è molto profonda e ci protegge dall'oscurità, ma ci nasconde anche ai raggi del sole. Il mio corpo è ferito, sanguinante, ma la mia mente è ancora libera di agire. Credo che la lascerò vagare oltre questi campi di disperazione. La porterò lontano, dal male che ci affligge, che attanaglia la vita dei miei fratelli, ridotti ormai in catene. Io invece ho spezzato i miei ceppi, così adesso vago nella notte, tenendo strette le speranze, come quando da bambino, la mia mano esile e sudata, stringeva quella di mio nonno. La porterò lontano, perché c’è ancora un sogno che si alimenta nel fuoco sacro dello spirito. Sento le anime di chi ha costruito questo vecchio mondo. Uomini che si sono sacrificati, per darci qualcosa, su cui poter vivere. Un pezzo di terra, un pezzo di pane, quel po’ di calore. Oggi vedo solo confusione e disperazione.

Sento un uomo urlare una lingua incomprensibile, ma se chiudo gli occhi e trattengo il respiro, riesco a capire ogni singola sillaba. Ogni singolo pensiero provenire direttamente dal suo cuore nero, dalla sua anima stanca e malata. E' la voce della coscienza di questo vivere, eterno vagare, senza scopo né meta. Oggi voglio credere in qualcosa che sia grande, che mi dia gioia, voglio credere in questi occhi, in questo sorriso, in questa pelle candida, in questo bacio sincero, e in tutta la dolcezza che proviene dal suo cuore, dalla mia follia. Vedo ancora tutta l’oscurità avvolgere la mia gente, ma non ho paura, adesso. Perché so che la fine è vicina e io la affronterò al meglio delle mie possibilità. Senza disperare, perché tutto ciò che possiamo fare è respirare, lottare, vivere e morire.

Conclusione

In un piccolo villaggio sulla collina si sono giocati i miei vestiti, ho patteggiato per la salvezza e mi hanno dato una dose letale. Ho offerto in cambio la mia innocenza e sono stato ripagato con lo scherno.

Fine


- IL RIPARO DALLA BATTAGLIA (PER OTTAVIA!) -

Testi di Dario Greco 

(Liberamente ispirato a "Il ramo d'oro" di J. Frazer)

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