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Amata solitudine, isola benedetta

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Torno indietro, solo con la mente, ma è già qualcosa, mi lascio trasportare dal ricordo e uso come mezzo per spostarmi (oltre alla memoria) il suono, la voce e gli strumenti che mi hanno accompagnato, lungo questo viaggio, per strada. Procedo fino al punto esatto dove mi trovo ora, in questa stanza, di fronte a questo laptop, che tengo acceso anche più del giusto, come estensione totalizzante della mia persona. Si dice che sono solo oggetti, forse è vero, ma da come una persona tiene una macchina, uno smartphone, e perché no, un computer portatile, puoi capire tante cose, forse anche troppe. E poi ci sono i feticci, quelle cose che devi portarti dietro, come l' inseparabile foto, ricordo di quando avevi tanti chili in meno, tanti, troppi capelli in più, ma anche una faccia da cazzo, quel ragazzino imberbe e impertinente, spavaldo e fiero. Ci sono io e questo immortale  Walkman Sony , dove come afferma  David Byrne  in  Come funziona la musica:  una volta indossate le cuffie è possi

Del perché stiamo morendo (dentro)

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Perché stiamo morendo dentro Something in the Air. C’è qualcosa nell’aria, diceva una vecchia canzone, che sta soffiando. E c’è qualcosa che sta succedendo adesso, ma che noi non vediamo. Siamo persi sui nostri iPad, siamo persi nelle nostre grigie esistenze. Aggiornamenti di status, aggiornamenti di sistema operativo. Ma ci cambiano le password e non riusciamo più ad entrare nel nostro personale codice del dolore. Abbiamo confuso il viaggio con la destinazione, la ricerca con lo scopo. Scegliamo. Viviamo. Svegliamoci. Viviamo in un’epoca post autentica. Post reale. E tutto viene scandito da una connessione wireless. Si è persa qualcosa tra l’invio e la ricezione dei dati, tra la macchina di carne e la nuova visione al silicio. Ottimo conduttore, pessimo compagno di strada. Possiamo forse tornare alla nostra reale natura. Smettere i panni dell’uomo cibernetico è di sicuro meno comodo, comporta dei sacrifici, ma non è impossibile.  Abbiamo ancora una tenue speranza di far sopravv

A pair of brown eyes - Omaggio a Shane MacGowan

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Grandi occhi nocciola Mi dispiace di aver fatto tardi, ma sono stato trattenuto. Questo mondo ormai non mi appartiene più. Non mi resta altro da fare che odiarlo. Ora il coprifuoco è quasi cessato e le sirene hanno smesso di suonare da un pezzo, eppure sono mosso da uno strano turbamento, mentre mi rispecchio nei tuoi grandi occhi nocciola. La stanza si restringe e i vestiti non c'è modo di farmeli stare in modo decente. Adesso tutti fanno finta che le cose stiano procedendo come al solito, ma io so che non è così perché sto osservando un mondo fatalmente vero. Tocca muoversi tra il sangue e la morte, sotto un cielo che urla vendetta. Sono stremato, senza un filo di speranza e un attimo di tregua. Ho smesso di respirare già da un pezzo, ma la sigaretta che ho in bocca continua ad ardere mentre mi perdo, per quest'ultima volta nei tuoi grandi occhi nocciola.  Il giudice forcaiolo ha assunto il comando e guida un manipolo di bastardi senza onore. Adesso nessuno ha la forza di met

Tangled up in Blues - Storie di vita On the Road

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Tangled up in Blues  - Storie di vita on the road   Era il 1975 e il sole del deserto dell'Arizona picchiava implacabile su Allan Walsh, giovane elettricista dal cuore di sognatore. La sua bottega, nel cuore di un piccolo paese polveroso, era il luogo dove si svolgeva la vita quotidiana di Allan. Tra cavi elettrici e attrezzi, egli coltivava un sogno segreto: diventare un grande cantautore e condividere il palco con i suoi eroi musicali: Willie Nelson, Johnny Cash e Merle Haggard. La sua vita trascorreva lentamente tra lampadine bruciate e circuiti da riparare, ma ogni notte, dopo il lavoro, Allan si ritirava nella sua stanza, imbracciava la sua chitarra e scriveva canzoni su grandi fogli di carta marrone. Sognava di suonare nei locali affollati, di vedere la gente cantare le sue canzoni, e, soprattutto, di condividere la scena con le leggende che aveva ammirato fin da ragazzo. Robert, un collega e amico di lunga data, viveva una vita più convenzionale. Sposato, con due fig

Attraverso il confine della solitudine

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Cerchi di comportarti come vogliono gli altri , ma è un tormento. Spigoli taglienti non smettono di ferirti. Fai del tuo meglio per restare a galla , ma a volte non basta. Ci sono momenti in cui tutto sembra deragliare. Non è un binario morto, ma la tua vita quotidiana. L'asse terrestre pare inclinato un altro po'.  Radicali mutamenti del clima minacciano le onde del pianeta. Caos ovunque ti giri, ma è la tua stanza, il tuo studio, la tua vita. Modus operandi che hai deciso di adottare per sentirti meno solo, per trovare accoglienza, al posto di degrado e desolazione. Tra pregiudizio e morte, fame e distruzione. Viene giù tutto come una valanga e tu resti intrappolato dentro, nonostante gli inutili sforzi per tentare di liberarti. Come quando in una notte inquieta ti rigiri in un letto sfatto e le coperte ti si stringono attorno agli arti ed è inutile dimenarsi.  Bisogna trovare la forza e il coraggio per destarsi completamente , pur nella consapevolezza che lì fuori è un gran

Maurizio Costanzo, Ernest Hemingway, TV Sorrisi & Cazzotti

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  “La vita degli uccelli è più dura della nostra, tranne per gli uccelli da preda, pesanti e forti. Perché sono stati creati uccelli delicati e fini come queste rondini di mare se l’oceano può essere tanto crudele? Ha molta dolcezza e molta bellezza. Ma può diventare tanto crudele e avviene così d’improvviso e questi uccelli che volano, tuffandosi per la caccia, con quelle vocette tristi, sono troppo delicati per il mare”.   (Ernest Hemingway, Il vecchio e il mare) Sono sempre stato lento a carburare. Una cosa che per quest'epoca di lirico e mitico stupore non è certo una skill positiva. Però vado avanti, anzi torno indietro volentieri e vi dico come vedo le cose. È stato un periodo che definire difficile, travagliato e complesso, sarebbe anche riduttivo, eppure bisogna andare.  Andare, sì, ma poi dove? A commentare la bacheca di Gianni Morandi, con una battuta, con un'emoticon, per disseminare luce e speme, per lasciare il segno. Un segno che come una scritta sul bagnasciuga

Questo treno mi piace perché è destinato alla Gloria

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 Questo treno mi piace perché è destinato alla Gloria!  Questo treno mi piace perché è un po' come il blues, come il folk. Non ci sono trucchi e non ci sono inganni. Questo treno corre forte incontro alla notte; è un viaggio di sola andata verso casa. Una casa idealizzata che si trova lontana da questo mondo battuto dal vento, da tutto quello che ho imparato a disimparare nel corso di questo tempo. Questo treno mi piace perché è un po' come il rock, come il soul. Si concede qualche colpo ad effetto, alcuni trucchi del mestiere, ma è un lavoro sudato che ti garantisce solo una paga meritata. Parlami di Firenze e di tutte le cose che per te sono importanti, anche di quelle che mi metteranno tristezza facendomi stringere il cuore dentro una morsa. Ci sono cose che non hanno affatto senso e poi ci sono cose che non abbiamo il coraggio di dirci, ma forse è giusto che sia così. Impara l'arte e metti da parte. Impara a vivere e non fartene troppo accorgere. C'è un sogno dent